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I dati Istat dicono che nel 2015 l’occupazione è cresciuta solo tra i lavoratori over 50. Per loro infatti i posti di lavoro sono aumentati di 359 mila unità. Per i giovani, invece, gli effetti del Jobs Act sono stati meno evidenti se è vero che solo nel mese di gennaio hanno perso il posto 31 mila persone tra i 15 e i 24 anni, portando il relativo tasso di disoccupazione al 39,3%, registrando una crescita dello 0,7% sul mese precedente.

«Non c'è da meravigliarsi» commenta Cinzia Borasio Hr manager di De Agostini. «Sono gli effetti da una parte dell'innalzamento dell'età media e dell'abbassamento della natalità e dall'altra del cambiamento della normativa previdenziale con le conseguenti minori uscite per pensionamento. Tutti temi attuali con cui le aziende dovranno fare i conti nei prossimi anni», dice Borasio.
E le previsioni non lasciano dubbi: nel 2033 la quota di over 50 arriverà a 22,5 dagli attuali 17 milioni. Con un tasso di occupati in questa fascia destinato a lievitare. La sfida per le imprese sarà dunque non solo gestire le risorse senior in modo attivo e aggiornare costantemente le loro skill, ma anche fare della diversità tra nuove e vecchie generazioni un punto di forza e non di debolezza.
«Nelle aziende la valorizzazione delle persone dovrà sempre più essere al centro, indipendentemente dalla loro età», aggiunge Borasio. Ma quando si parla di generazioni diverse è vietato generalizzare. «Avere 50 anni vuol dire maggiore esperienza e competenza aziendale, più affidabilità legata alla maturità, ma anche, a volte, chiusura al cambiamento e meno flessibilità. Va detto però che ci sono 50enni molto più flessibili di alcuni 30enni e anche più preparati. Insomma la differenza la fa il singolo individuo», continua Borasio.

Come avvicinare i senior ai millennial

Ciò detto resta il fatto oggettivo di aggiornare costantemente le skill dei senior e di avvicinarli alla generazione dei millennial e viceversa. Una mano in questo senso la dà sicuramente la formazione che nei prossimi anni giocherà un ruolo sempre più importante. Training che può essere fatto in vario modo a cominciare dal reverse mentoring, ovvero il confronto costruttivo tra junior e senior che consente ai primi di apprendere i valori aziendali e le best practice dai colleghi più maturi, e ai secondi di assimilare dai giovani tutto il sapere sulle nuove tecnologie. Un approccio che in alcune realtà aziendali italiane ha dato ottimi risultati. Ma da solo non basta.

«È importante anche ragionare su una maggiore flessibilità in termini di orari di lavoro e di cambiamento delle mansioni all'interno dell'azienda. Accorgimenti che consentono alla popolazione più vicina all'età pensionistica di staccarsi gradualmente dal lavoro per passare il testimone alle nuove generazioni», continua Borasio che in quest'ottica vede positivamente il part-time agevolato previsto dalla legge di stabilità 2016 per i lavoratori vicini alla pensione. «Questo strumento infatti consente al lavoratore che ha compiuto i 63 anni e 7 mesi di lavorare part-time senza perdere nulla dal punto di vista contributivo e con uno stipendio che non può essere inferiore al 65-70% di quello percepito per la sua prestazione a tempo pieno», conclude l'Hr manager di De Agostini.