Il lavoro è una delle priorità del nuovo Governo per affrontare la quale però «E’ fondamentale tenere ben presente il tema della transizione da un’azienda all’altra», avverte Giovanni Pedone, Country Manager di Lee Hecht Harrison Dbm, società di Consulenza Hr e Vicepresidente di Aiso, l’Associazione che raccoglie le principali società italiane di outplacement. Anche perché, in base agli ultimi studi di settore, oggi le persone restano nella stessa azienda mediamente 5 anni, poi, per un motivo o per l’altro, si trovano nella condizione di dover cambiare.
In un contesto di mercato così in trasformazione, mettere i lavoratori nelle condizioni di tenere alta la propria impiegabilità è fondamentale se si vuole puntare a un mercato del lavoro dinamico. «La maggiore preoccupazione di chi lavora non è più quella di mantenere il posto di lavoro ma, sempre di più negli ultimi anni, come poter passare da una occupazione a un'altra nel minor tempo possibile», prosegue Pedone. Per rispondere a questa crescente domanda occorre dare alle persone la possibilità di aggiornare in continuazione le proprie competenze, per adeguarle ai sempre più mutevoli scenari di mercato e di trasformazione culturale e tecnologica. Questo significa mettere a punto percorsi di sviluppo continuativi e mirati, tagliati su misura, con coach dedicati e professionisti specializzati in diversi ambiti.
Lo sviluppo dell’impiegabilità diventerà senza dubbio l’asse portante delle attuali e delle future politiche legate al lavoro, sia nell’interesse delle imprese che oggi faticano a trovare personale qualificato, sia nell’interesse dei lavoratori e delle loro organizzazioni di rappresentanza che si apprestano a vivere una nuova stagione di relazioni industriali basata anche su questo.
L'outplacement è uno strumento preventivo
Attualmente le società di outplacement, occupandosi di seguire il candidato passo a passo nella fase di ricollocazione sul mercato del lavoro, svolgono già, uniche in questo, un ruolo decisivo nello sviluppo dell’impiegabilità delle persone. Per questo, secondo Pedone, «in Italia sarebbe importante incrementare ed accellerare quanto già fanno le società di outplacement, aumentandone la diffusione e riconoscendone la capacità di offrire le migliori soluzioni per incrementare l’impiegabilità delle persone”. Ed è in quest’ottica che va letto e interpretato l’outplacement oggi. Non più uno strumento da usare in casi di emergenza, bensì uno strumento per sviluppare l’occupabilità attraverso attività di reskilling e di ricerca attiva».
In ultimo e per meglio permettere alle persone di orientarsi, andrebbe fatta una maggiore chiarezza e distinzione tra i soggetti che offrono protezione sociale, quali ad esempio i centri per l’impiego e le società che si occupano di generiche politiche attive e i soggetti che promuovono concrete e costanti azioni di sviluppo dell’impiegabilità dei lavoratori quali appunto le società di outplacement. Aggiunge Pedone: «Una cosa intelligente sarebbe da una parte formare figure professionali capaci di aiutare le persone a muoversi nel mondo del lavoro. Dall’altra sviluppare il sistema privato e cioè le attività finanziate dalle imprese per meglio permettere ai prorpi dipendenti di muoversi nelle sempre più frequenti trasformazioni organizzative e tecnologiche».