AISO

L’età è un valore. E lo è sempre, nella sua continua evoluzione. Il progredire degli anni, infatti, ci mette in condizione di contare via via su ricchezza di storia lavorativa e di valori espressi. Questo è tanto più vero quanto più numerosi sono stati i cambiamenti con cui ci siamo confrontati, rinunciando alla comfort zone di posizione e mettendoci concretamente in gioco per andare oltre.

Volitività e desiderio di nuove realizzazioni ci devono infatti dare la spinta per definire realistici programmi verso nuovi obiettivi e per raggiungerli. Con consapevole fatica, certamente, ma con la resilienza sorretta dalla prospettiva di nuovi traguardi.

E’ importante capitalizzare tanto i successi quanto gli errori del passato. Il che significa focalizzarsi sulla parte di competenze - hard e soft - utili per il futuro, puntando a rinvigorirle e a dotarci di nuovi valori professionali per essere flessibilmente performanti al ritmo della rivoluzione digitale e delle innovazioni di gestione e di processo produttivo delle aziende e delle organizzazioni.

 Rinnovamento per la continuità della carriera

«In tre decenni di specifica pratica in Italia, con l’outplacement abbiamo guidato le persone di tutte le età al rilancio dopo la perdita del lavoro. Le abbiamo aiutate ad abbattere schemi statici di stile e di prestazione lavorativa e ad andare alla conquista di nuove posizioni in cui portare nuovo valore aggiunto, controbilanciando con positività e credibilità dei fatti le profezie di sventura di coloro che indebolivano la speranza di ricollocazione delle persone di non più giovane età», afferma Giorgio Paladin, amministratore delegato di Uomo e Impresa e consigliere dell’Associazione Italiana delle Società di Outplacement. E’ proprio nella fascia dei cinquantenni e oltre che le società di outplacement trovano la maturità e la predisposizione delle persone ad andare verso la multifunzionalità, con rivisitazione delle esperienze e con nuovo spirito di trasversalità delle competenze per fare salti di carriera soddisfacenti e replicabili nel tempo.

«Accompagniamo il lavoratore maturo a dotarsi di un portafoglio di competenze “ibrido”, perché questo vuole oggi il mercato del lavoro, come dicono i risultati di recenti ricerche americane sui nuovi bisogni di professionalità, ripresi e rilanciati dai nostri osservatòri accademici e istituzionali del lavoro», spiega Paladin.

Apertura verso i mestieri ibridi

Questo significa che le competenze tecniche, gestionali e relazionali dei mestieri consolidati si devono combinare ed integrare con le nuove competenze digitali e trasversali, con abilità di comunicazione e di interazione social, con modalità di problem solving e di collaborazione integrata in ambiti modernamente meno strutturati e più dinamici del passato.

«Con questo principio, quindi, le persone a ogni livello professionale vengono da noi orientate all’approccio mentale e allo spirito di studio che servono a progredire nel possesso di mestieri ibridi», prosegue Paladin. «Nella nostra pratica di accompagnamento alla ricollocazione professionale riscontriamo e teniamo conto, infatti, che un portafoglio multiforme di competenze è condivisibile tra più mestieri e tra ruoli diversi, e perciò chi lo possiede può avvantaggiarsene per candidarsi ad un ventaglio più ampio di occupazioni».

Integrazione di culture e di innovazioni

«E sta proprio qui la potenzialità degli Over50 di oggi, più inclini dei loro colleghi di pari età 10 o 20 anni fa, a seguire linee guida di lifelong learning orientate alla flessibilità e all’ibridazione delle competenze», aggiunge Paladin. «Da un lato, infatti, beneficiano delle contaminazioni culturali prodotte in questo decennio dai grandi processi di change management e di contemporanee accelerazioni tecnologiche. Da un altro lato, il loro divario generazionale con i più giovani si è ridotto sul piano della velocità dei processi mentali e della snellezza relazionale, per effetto della diffusione delle applicazioni tecnologiche e delle modalità di lavoro in team multidisciplinari che dentro alle aziende favoriscono la reciprocità di integrazione culturale e lo scambio di competenze nei rapporti “giovane-meno giovane».

Non è tutto facile e scontato naturalmente. Le alternative occupazionali per chi perde il lavoro ci sono, anche numerose. Ma cambiano, anche radicalmente, e devono essere considerate come oggetto di conquista da raggiungere con l’impegno e con la fatica di imparare e di rinnovarsi. «Serve mettersi in gioco e per questo sono particolarmente utili lo stimolo e gli strumenti che con il servizio dell’outplacement forniamo alle persone in evoluzione di carriera, per regolare le loro nuove stagioni professionali con un approccio costruttivo con cui equilibrare prestazioni aziendali e realizzazioni personali», chiosa Paladin.