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In un mercato del lavoro in continua evoluzione, dove gli scenari cambiano alla velocità della luce, non esistono più punti fermi se non noi stessi, quello che conosciamo e il valore aggiunto che siamo in grado di dare all'azienda per cui lavoriamo. «Per questo è fondamentale investire su se stessi con una formazione continua. Pena l'uscita definitiva dal mercato del lavoro qualificato». Ne è convinto Filippo Cutillo Hr director di Saes Getters, multinazionale specializzata nella produzione di apparecchi elettrici scientifici. Un concetto che i più giovani hanno capito da tempo perché da subito abituati a muoversi nell'incertezza e nella precarietà di un mercato mobile, ma che gli over 45 fanno ancora fatica a comprendere, specie quelli che sono entrati in un'azienda subito dopo la laurea o il diploma e che da lì non si sono mai mossi. «Sono loro l'anello debole in questo momento storico», continua Cutillo,«sia che si tratti di dirigenti, quadri o impiegati. Ed è su di loro che occorre concentrarsi con programmi mirati di consulenza di carriera. Obiettivo: metterli in grado di affrontare il mercato nel migliore dei modi in caso di perdita del posto di lavoro a causa di riorganizzazioni aziendali, fusioni o acquisizioni oggi all'ordine del giorno».

Formarsi per non perdere competitività

Sfida non facile da vincere viste le numerose barriere da abbattere a partire da quella culturale. «Già perché da una parte ci sono le imprese ancora restie e investire sul fronte della formazione preventiva e dall'altra ci sono i dipendenti che quando sentono parlare di consulenza di carriera o di outplacement si allarmano e pensano subito a un imminente licenziamento» commenta Cutillo. «Non hanno ancora capito che le società di consulenza di carriera o di outplacement non sono quelle che ti trovano un lavoro al di fuori dalla tua società, ma quelle che offrono un servizio di tipo consulenziale focalizzato sull'aggiornamento della propria professionalità e sull'analisi delle proprie competenze, strumenti che poi consentono anche di far incrociare meglio domanda e offerta di lavoro perché aiutano a mettere a fuoco la propria identità, posizionamento e reputazione personale sul mercato».

I pregiudizi non servono ad avere appeal

Ma la necessità di tenersi aggiornati sulle proprie competenze non è il solo ostacolo da abbattere tra gli over 45, come ben evidenzia Jennifer Mondello Hr manager di Tupperware Italia, società leader nel settore della vendita diretta, nota soprattutto per i suoi contenitori alimentari con sigillo ermetico: «In genere questo target di popolazione aziendale è molto prevenuto nei confronti dei percorsi di coaching. C'è da parte loro un po' di presunzione, sia che si tratti di quadri o dirigenti. Sono convinti di non avere nulla da imparare, di avere già i contatti giusti, di sapersi muovere bene sul mercato del lavoro, forti dei loro anni di esperienza. Senza rendersi conto che così facendo sottovalutano quanto il mondo professionale sia cambiato, negli strumenti, nei canali di comunicazione, nelle competenze tecniche e relazionali richieste. La realtà oggi impone un aggiornamento continuo se non si vuole rischiare di essere esclusi, di restare ai margini». Come se non bastasse sono ancora molti i dirigenti e quadri, «specie se uomini» aggiunge Mondello, «convinti che percorsi come quello proposto dall'outplacement siano per figure perdenti, per questo viene ancora vissuto come una vergogna, come una cosa da cui stare alla larga». Nulla di più sbagliato.
«Negli ultimi anni ho avuto modo di utilizzare l'outplacement e in base alla mia esperienza, posso dire che si tratta di uno strumento concreto, reale non solo per la ricollocazione professionale, ma anche e soprattutto come percorso personale, di conoscenza di sé, tramite la mappatura delle proprie conoscenze e competenze. E i risultati non si sono fatti attendere», precisa Mondello (foto sopra). Occorre aprire la mente, vedere oltre il proprio caso personale, analizzare il mercato nel suo complesso. Solo in questo modo ci si può rendere conto che la crisi economica che ha colpito il Paese negli ultimi anni e costretto molte azienda a effettuare tagli trasversali di organico, ha rimesso sulla piazza professionisti senior di primo livello e le prime ad accorgersene sono state proprio le imprese.
«Oggi quando a un' azienda in cerca di personale viene segnalata una figura che ha fatto un percorso di outplacement non c'è alcuna prevenzione», spiega Cutillo. «Sappiamo bene che per colpa della recessione molti manager validi hanno perso il loro posto di lavoro. Non è una vergogna, ma la realtà delle cose e come tale deve essere vissuta anche da quelle risorse che da un giorno all'altro si sono ritrovate senza occupazione. Il risultato è che oggi sulla piazza ci sono molti professionisti di fascia alta che possono dare ancora molto alle imprese. Tanto che in Saes Getters abbiamo in parte assunto e in parte coinvolto come manager a tempo, diversi dirigenti in outplacement».

Aziende, managenent e società di consulenza insieme per un sano cambio culturale

Certo cambiare mentalità e atteggiamento culturale non è una scommessa facile da vincere.  Richiede tempo e un duro lavoro di semina sia tra gli over 45, sia ai piani alti delle aziende. Questo implica «parlare di più e in tempi non sospetti di formazione, di aggiornamento professionale e outplacement nelle aziende made in Italy anche e soprattutto in tempi non sospetti e non solo quando le organizzazioni sono in crisi o in fase di ristrutturazione» suggerisce Mondello invitando le società specializzate in consulenza di carriera a essere più proattive con le imprese, prevedendo più incontri e mettendo a punto programmi mirati per le diverse popolazioni aziendali che tengano conto delle loro criticità e che quindi prevedano approcci diversi. «Affinché le cose cambino sul fronte delle politiche attive occorre una maggior apertura mentale da parte di tutti i protagonisti del mercato del lavoro: aziende, management, personale, organizzazioni sindacali e società di consulenza e formazione» conclude Cutillo. «Queste ultime dal canto loro devono puntare a un livello qualitativo più elevato, mettendo in campo consulenti senior che abbiano competenze più alte, che conoscano meglio e da vicino le dinamiche e le organizzazioni aziendali. Senza dimenticare di fornire un servizio worldwide, visto che difficilmente le imprese italiane saranno in grado di crescere del 3% nei prossimi anni». Tendenza confermata anche da alcuni head hunters nazionali in base ai quali il numero di imprese che richiedono personale da trasferire all’estero è in costante crescita così come quello dei candidati disponibili a questo tipo di esperienza, tanto che per il 2016 si prevede un ulteriore incremento del 10% circa. Fra le mete predominanti: Regno Unito, Germania, Cina, Giappone, Usa. La sfida è aperta, dunque, vietato restare alla finestra e chiudersi in se stessi.